In questa rubrica vengono presentate in anteprima le ricerche attualmente in corso, svolte sia dal docente Giacomo Rinaldi sia dal suo collaboratore Marco de Angelis.
L’attività di ricerca della cattedra si concentra sull’elaborazione di una filosofia sistematica odierna, basantesi sul pensiero di Hegel, al quale si riconosce il merito di essere l’ultimo sistema filosofico in grado di fondare i propri presupposti, assurgendo così al rango di “filosofia scientifica”. La filosofia di Hegel non si presenta pertanto come una mera esposizione delle opinioni di un individuo particolare, nato in un determinato periodo storico ed avente quindi un valore soltanto storico, bensì come un vero e proprio sistema scientifico della verità filosofica teoretica ed etica, che prende inevitabilmente le mosse da un presupposto immediato, giustificandolo e dimostrandolo poi nel corso dello sviluppo del sistema. In tal modo il sistema filosofico hegeliano fonda il proprio presupposto e risulta pertanto autofondato, come dev’essere per l’appunto una filosofia scientifica che voglia avere un valore universale, assoluto e non soltanto individuale e storico.
Naturalmente il sistema filosofico hegeliano non può non presentare anche elementi storici ed individuali, legati alla personalità storicamente particolare del suo autore, per cui la seconda linea di ricerca del CFU consiste nell’individuare tale elementi storici oramai superati e nel separarli dal nucleo eternamente vero del sistema. Ciò può essere fatto ricostruendo in modo immanente e dialettico, come ha insegnato lo stesso Hegel, lo sviluppo del suo pensiero, individuando quindi quali pensieri e concetti ne formano l’ossatura fondamentale, presente sin dalle prime formulazioni del sistema nel periodo jenese e quali concetti invece sono stati aggiunti in un secondo momento dal pensatore, quando egli ha sviluppato in modo dettagliato il sistema utilizzando gli strumenti concettuali del proprio tempo e della propria individualità, socialmente e psicologicamente determinata.
Fatto ciò, messo cioè in evidenza il nucleo eternamente vero della filosofia di Hegel, che ora non è più da definire come “filosofia di Hegel”, in quanto questa contiene anche gli elementi storici oggi non più validi, bensì come “filosofia dell’idealismo assoluto”, scevra pertanto da quegli elementi accidentali, occorre poi confrontare tale nucleo essenziale con la problematica sia filosofica sia, più in generale, storica attuale, quindi post-hegeliana, rispetto alla quale evidentemente il sistema, come ce lo ha lasciato Hegel, non può dirci nulla di preciso, ma solo darci i principi in base ai quali poi noi dobbiamo creare il nuovo sistema dell’idealismo assoluto, adatto alla nostra epoca. Questo processo di ricerca può essere definito come “attualizzazione” del pensiero filosofico idealistico-assoluto.
Dopo tale lavoro di chiarificazione genetica del contenuto fondamentale del pensiero di Hegel e di attualizzazione del medesimo, si avrà pertanto l’elaborazione di un nuovo sistema filosofico dell’idealismo assoluto, che avrà sì un valore assoluto nella propria struttura scientifica ed autofondata, come ci ha insegnato Hegel, ma sarà anche esposto in una forma adeguata alla nostra epoca, alle cui problematiche filosofiche, etiche e politiche tale sistema dovrà dare una risposta basata solo sul fondamento della conoscenza razionale e scientifica, seguendo un procedimento da Hegel indovinatamente definito “fatica del concetto”.
Vediamo ora nei particolari l’attuale lavoro di ricerca della cattedra.
Attuale attività di ricerca di Giacomo Rinaldi
1. Attività di ricerca sull’etica dell’Idealismo moderno
(Scarica il piano dell’opera qui: L’etica dell’idealismo.indice)
A dieci anni dalla sua pubblicazione, la concezione filosofica dell’essenza dello spirito etico e delle sfere della sua realizzazione (diritto astratto, moralità, eticità e storia), delineata dall’Autore nel saggio Teoria etica, non ha finora incontrato alcuna seria critica che ne abbia provato la parziale o totale inconsistenza. Ma è altresì vero che l’approccio strettamente teoretico–sistematico al mondo morale in essa articolato non ha trovato ancora un adeguato riscontro in un panorama filosofico, quale è quello dell’Europa odierna, prevalentemente caratterizzato piuttosto da un interesse meramente storico–filologico o, al più, ermeneutico per i tradizionali problemi della filosofia morale. Appare perciò opportuno mostrare come i principi fondamentali e lo “spirito” della concezione idealistico–metafisica dell’etica sviluppata in tale opera non siano solo il prodotto dello sviluppo immanente di un pensiero logicamente consistente, ma abbiano già trovato una concreta e graduale, sebbene inevitabilmente imperfetta, realizzazione nello stesso sviluppo storico della filosofia occidentale, in particolare della filosofia moderna. Il proposito di questo saggio è perciò quello di esaminare, interpretare e valutare criticamente le più significative concezioni etiche elaborate dalla filosofia moderna, mostrando come la loro apparente molteplicità non sia soltanto l’espressione di interessi o situazioni culturali contingenti ed eterogenei — come potrebbe certamente sembrare dal punto di vista della “storiografia immediata”, cioè erudita, o da quello della “storiografia riflettente”, cioè astrattamente schematizzante —, ma piuttosto costituisca la totalità dei momenti necessari, reciprocamente integrantisi, di un unico sviluppo organico, in cui la sostanza del mondo morale perviene gradualmente alla propria piena autocoscienza.
Il presente saggio si articola in tre Parti: 1. “Il carattere dell’Idealismo moderno”; 2. “Lo sviluppo storico dell’etica dell’Idealismo moderno”; 3. “L’etica dell’Idealismo moderno e la filosofia contemporanea”. Una delle tesi fondamentali in esso sostenute, infatti, è che, ad onta del valore filosofico delle concezioni etiche elaborate dall’Idealismo antico e dalla teologia cristiana, solo con la filosofia moderna — nella misura in cui, a partire dalla scoperta cartesiana dell’ego cogito, essa ha compreso che la forma “trascendentale” del sé è l’imprescindibile condizione di possibilità di ogni conoscenza oggettiva — una consistente fondazione ed articolazione sistematica della problematica della filosofia morale è divenuta possibile. Ma il sé autocosciente presenta immediatamente — sia dal punto di vista gnoseologico che da quello storico-reale — un’essenziale duplicità: l’Io si sente ma anche si pensa. Un’ulteriore tesi fondamentale di questo saggio è che tale differenza gnoseologica si realizza e sviluppa storicamente nelle divergenti prospettive dell’Empirismo moderno, in specie britannico, e dell’Idealismo moderno (in specie tedesco, sebbene non esclusivamente ristretto all’area culturale germanica), ma che l’unica tendenza plausibile e fruttuosa per la costruzione del sistema della filosofia morale è quella dell’Idealismo. Nella Parte I del presente saggio, perciò, verrà anzitutto chiarito il concetto dell’Idealismo filosofico (cap. 1), la differenza tra l’Idealismo antico e l’Idealismo moderno e la ragione della restrizione della trattazione al secondo (cap. 2), e verrà altresì messa in rilievo l’intima connessione tra la prospettiva gnoseologica dell’Idealismo e la possibilità di principio della filosofia morale, mostrando come un consistente sviluppo dell’Idealismo gnoseologico e metafisico implichi necessariamente la rivendicazione della realtà assoluta del mondo morale e, viceversa, come sia impossibile sviluppare una consistente teoria del mondo morale rifiutando i principi e lo spirito dell’Idealismo filosofico (cap. 3).
La Parte II si propone di chiarire il carattere e il significato delle concezioni morali elaborate dai maggiori esponenti dell’Idealismo moderno: Spinoza, Kant, Fichte, Hegel, Spaventa, Gentile, Bradley. L’unità del suo sviluppo storico consiste nel fatto che esso presenta la forma di un processo dialettico, in cui all’astratto ontologismo dell’etica spinoziana si contrappone il non meno astratto gnoseologismo dell’etica kantiana, e la loro integrazione e conciliazione in una adeguata teoria del mondo morale si realizza, in forma ancora immediata, nell’etica di Fichte, mentre consegue la sua adeguata automediazione ed autocoscienza nella filosofia hegeliana dello spirito oggettivo. Alla filosofia di Hegel sono debitrici, in larga misura, le più significative tendenze dell’etica contemporanea, sia quelle che pongono l’accento, com’è il caso dell’etica di Bradley, sulla sua dimensione mistico–religiosa, che quelle che privilegiano invece, com’è il caso dell’Idealismo italiano, la dimensione storico–umanistica.
La Parte III affronta il problema dell’origine, carattere e rilevanza della polemica, a volte assai virulenta, svolta contro l’Idealismo moderno da influenti tendenze della filosofia contemporanea — dalla risorta “metafisica dell’essere” al materialismo storico e dialettico, dal positivismo e neopositivismo logico all’empirismo trascendentale neokantiano, dall’ontologia realistica all’ontologia esistenziale —, e mostra come il carattere fondamentale, condiviso da tutte queste per altro verso divergenti prospettive — l’irrazionalismo (nel senso della negazione della verità della Ragione speculativa) — sia una posizione del pensiero che, sviluppata in maniera conseguente (com’è richiesto dalla logica immanente del pensiero filosofico), non può infine evitare di annientare sé stessa (cap. 1). Ma la precarietà della polemica avviata dal pensiero contemporaneo contro l’Idealismo moderno viene confermata anche dal fatto che gli argomenti che il primo rivolge contro il secondo sono quelli stessi che, qualora siano veri, minano alla radice le stesse fondamenta del mondo morale: laddove, infatti, esso non regredisce ai logori schemi e alle aride classificazioni della morale eteronoma o apertamente professa il più radicale irrazionalismo (cap. 3), esso si smarrisce nel futile e vano tentativo di negare l’assoluta realtà del mondo morale in nome di un “immoralismo” che può apparir plausibile solo al più ingenuo e triviale dogmatismo del senso comune (cap. 2).
Il saggio si conclude mettendo in rilievo come la critica dell’irrazionalismo e dell’immoralismo del pensiero contemporaneo confermi apagogicamente la fondamentale tesi idealistica dell’assoluta realtà del mondo morale e la conseguente legittimità teoretica dell’Idealismo etico, ma anche la necessità della sua critica ed integrazione nella più ampia prospettiva teoretica dell’Idealismo assoluto (cap. 4), confermando così — mediante l’esame e la critica dei più significativi stadi dello sviluppo storico della filosofia morale moderna e contemporanea — la prospettiva teoretico-sistematica delineata dall’A. in Teoria etica.
2. Attività di ricerca sulla Filosofia dell’arte
(Scarica il piano dell’opera qui: Filosofia dell’arte-indice)
L’elaborazione di una Filosofia dell’arte diviene necessaria all’interno di una prospettiva teoretica, quale quella costantemente assunta dal suo Autore nello sviluppo delle proprie ricerche filosofiche, che afferma il carattere essenzialmente sistematico del genuino pensiero speculativo. Alla trattazione delle forme spirituali della conoscenza, della volontà e della religione, già svolta nei suoi precedenti scritti, non poteva perciò non far seguito anche quella dell’attività creativa che si realizza nella sfera della “bella arte”.
La compiuta autocoscienza dello spirito nella forma del sapere filosofico si è realizzata – com’è generalmente ammesso – nella filosofia di Hegel, cioè l’Idealismo assoluto. Tale è altresì il caso dell’estetica filosofica, e ciò spiega perché proprio e solo la Filosofia hegeliana dell’arte costituisca l’immediato antecedente storico-filosofico, il costante termine di confronto e di valutazione critica e il fondamento di tutti gli sviluppi teoretici delineati in questo volume.
In piena sintonia con la concezione hegeliana dell’arte, la teoria estetica in esso svolta prende le mosse da una concezione della sua essenza, per cui essa trascende l’intera sfera della prassi sensibile finita e si costituisce piuttosto come una forma genuina di sapere teoretico, il cui oggetto è la totalità organica dell’Assoluto in quanto contenuto immanente dell’atto dello spirito, e che si distingue essenzialmente dalle altre due forme fondamentali dello “spirito assoluto”, la religione e la filosofia, perché l’elemento peculiare della manifestazione del contenuto assoluto in essa non è né la rappresentazione oggettivata dalla fede, né il concetto puro, bensì l’intuizione sensibile. Intuizione sensibile che acquista rilevanza estetica, distinguendosi dalla percezione immediata e dal senso comune, nella misura in cui la sua materia esteriore viene formata dalla fantasia creatrice del genio e interiorizzata nel “sentimento puro”, o piacere “disinteressato”, che l’opera d’arte suscita nel suo fruitore. La differenza tra la razionalità ideale dell’Assoluto e la forma sensibile della sua espressione, che costituisce l’essenza stessa dell’arte ma, nel contempo, anche il suo insuperabile limite gnoseologico, viene tanto più trascesa e risolta nell’identità concreta delle determinazioni opposte, quanto più lo sviluppo, così storico che ideale, dello “spirito dell’arte” avanza. Si costituisce così una gerarchia delle forme e delle specie dell’arte e della loro concreta realizzazione storica, il cui grado più elementare è quello dell’architettura “simbolica” dei popoli extraeuropei, in cui la discrepanza tra forma e contenuto è massima, mentre quello più elevato consiste nella poesia “romantica” dell’Età moderna, in cui la compiuta determinazione dell’essenza dell’Assoluto nella forma dell’“universale umano” o dell’“umanità pura”, che costituisce il peculiare contenuto dell’arte, si identifica con la sua stessa forma, perché il sentimento puro altro non è che l’immediata rivelazione dell’“universale umano” nel processo dell’autocoscienza.
Da quanto ora accennato il conoscitore del pensiero di Hegel potrà certamente desumere la differenza fondamentale che l’appropriazione critica dell’Estetica hegeliana, che sta alla base delle formulazioni teoriche svolte in questo saggio, presenta rispetto alla sua versione originaria. Quest’ultima, infatti, distingue lo sviluppo dell’arte nelle forme dell’“arte simbolica”, dell’“arte classica” e dell’“arte romantica”, la cui interna relazione, tuttavia, non è quella predeterminata dalla forma essenziale del metodo dialettico, perché in questo sia il primo che il secondo momento sono come tali “astratti” e perciò inadeguati, laddove solo il terzo momento è “concreto”, e in tal misura adeguato; mentre questa teoria hegeliana si fonda sull’opposta identificazione della forma adeguata dell’arte con il secondo momento, quello dell’arte classica, perché l’arte romantica riprodurrebbe quel rapporto inadeguato tra forma e contenuto,che già aveva caratterizzato il primo momento. La teoria estetica svolta nel presente saggio risolve l’accennata antinomia mostrando come proprio e solo nell’arte romantica – o, per lo meno, nel suo più elevato stadio di sviluppo, quello in cui essa individua nell’“universale umano” il proprio specifico oggetto – l’Idea del Bello artistico pervenga alla sua più adeguata realizzazione.
Questo fondamentale risultato critico-teoretico viene confermato e ulteriormente svolto nel cap. 4 della Parte III, “Musica assoluta e dramma musicale”, in cui si mostra come la realizzazione dell’Idea del Bello in due forme di produzione artistica non contemplate dalla filosofia hegeliana dell’arte, la “musica assoluta” di Beethoven e il “dramma musicale” di Wagner, soddisfi in larga misura (sebbene non completamente) le esigenze estetiche sollevate dall’ideale dell’“universale umano”.
Gli ulteriori sviluppi teorici formulati nel presente volume concernono fondamentalmente il confronto critico con le più diffuse e/o influenti tendenze dell’arte e dell’estetica contemporanea. Mentre l’A. nega decisamente l’intrinseca plausibilità e rilevanza filosofica delle concezioni materialistiche e sociologiche dell’arte propugnate da Lukács, Adorno e Benjamin, meno negativa, e più articolata, è la valutazione critica dell’estetica fenomenologica e neoidealistica. Non diversamente dalla presente teoria estetica, le riflessioni di Husserl, Heidegger e N. Hartmann sull’essenza dell’arte mettono giustamente in rilievo il carattere puramente teoretico e il significato metafisico, o per lo meno “ontologico”, dell’esperienza estetica, e distinguono altresì nell’essenza dell’opera d’arte il suo significato “ideale”, o “valore” intemporale, dalla base o “sostrato” materiale, in cui esso si incorpora. L’estetica fenomenologica, tuttavia, rovescia indebitamente il rapporto ontologico tra tali due componenti essenziali dell’opera d’arte, tenendo dogmaticamente fermo, da un lato, alla realtà positiva della sua base materiale, e perdendo così di vista il fondamentale carattere di apparenza dell’esperienza e dell’oggetto sensibile in quanto tale; e degradando, dall’altro, l’unità ideale del significato ad un mero oggetto “irreale”, che non è in realtà altro che il vuoto “universale astratto” della logica formale tradizionale, il quale è infatti tale nella misura in cui gli fa difetto il momento dell’individualità concreta.
In questi errori dell’estetica fenomenologica non incorre l’estetica dell’Idealismo italiano, che nella Filosofia dell’arte di Giovanni Gentile consegue la sua più compiuta ed adeguata realizzazione. L’intero impianto teoretico dell’Idealismo attuale si impernia infatti sulla rivendicazione dell’assoluta attualità del “pensiero pensante”, e dunque dell’Idea; ma, negando Gentile con altrettanta energia la possibilità di principio di uno sviluppo dialettico del “pensiero pensato”, e dunque anche di una Filosofia della natura, che mostri la graduale emergenza dell’Idea nella stessa astratta sfera della natura, egli non può che negare anche la possibilità e il significato dell’intero sistema hegeliano delle arti particolari, la cui immanente differenziazione presuppone appunto la necessaria immanenza di un elemento ideale o “interno” nello stesso materiale dell’opera d’arte o nell’oggetto naturale da essa rappresentato. L’A. difende invece nel presente saggio la legittimità e la rilevanza filosofica della deduzione hegeliana delle arti particolari, respingendo non solo le obiezioni di Gentile, ma anche quelle analoghe di Croce. A Croce, ma soprattutto a Francesco De Sanctis, egli rimprovera altresì la dogmatica affermazione dell’oggettività del gusto e del giudizio estetico, in quanto basati su una presunta intuizione immediata, e la loro comune propensione ad eliminare il significato infinito, totale, assoluto dell’opera d’arte, degradandone il contenuto al mero oggetto finito (l’“arido vero”) della “conoscenza dell’individuale”, cioè dell’intuizione empirica. Non meno decisa è la critica del tentativo di De Sanctis (poi ripetuto da Adorno) di giustificare dialetticamente l’elevazione del “brutto” a possibile oggetto di rappresentazione esteticamente valida.
Il limite intrinseco dello spirito dell’arte, che ne rende necessaria la transizione, nel processo ideale dello spirito assoluto, nelle sfere ulteriori delle religione e della filosofia, e quindi la negazione della sua immediata attualità, si manifesta storicamente, secondo la filosofia hegeliana dell’arte, come la sua decadenza nel mondo contemporaneo, in seguito alla quale la vera arte si presenta, rispetto ad esso, come qualcosa di “passato”. Tale decadenza Hegel scorge specialmente nell’arte “romantica” del primo Ottocento (“romantica” non già nel senso più generale che questo termine assume nella sua teoria delle forme dell’arte, bensì in quello più ristretto, per cui esso indica il movimento culturale iniziato da Friedrich von Schlegel), ma sicuramente il successivo sviluppo – o meglio: involuzione – dell’arte europea nei due secoli successivi conferma in larga misura il giudizio negativo di Hegel. Nel cap. 3 della Parte III, “La morte dell’arte nell’Età contemporanea”, viene attuato il tentativo di mostrare come le molteplici tendenze degenerative e, in ultima analisi, autodistruttive dell’arte contemporanea possano essere comprese e spiegate come la realizzazione di tutti i possibili errori che la concreta determinazione hegeliana dell’Idea del Bello nel sistema delle forme dell’arte e delle arti determinate aveva distinto quali modalità di espressione artistica che al suo concetto essenzialmente contraddicono. L’inestimabile significato storico-critico dell’Estetica hegeliana, a questo punto, consiste nel fatto che essa ci offre, per così dire, un’anticipata critica della falsa arte contemporanea, e specialmente delle teorie pseudoestetiche mediante le quali la sua intrinseca nullità viene celata, consentendo così di riappropriarci delle imprescindibili condizioni teoriche della possibile realizzazione in noi di una genuina esperienza estetica, e quindi di quella “umanità pura” di cui essa, come si è detto, è peculiare espressione.
Attuale attività di ricerca di Marco de Angelis